lunedì 14 maggio 2012

ECLECTIC intervista ad H501L di RECYCLE


Le note di "Mamma Roma Addio" hanno raggiunto una discreta notorietà nazionale, ma i protagonisti di questa avventura, a parte Remo Remotti,  sono rimasti al pubblico decisamente sconosciuti. 
Forse perché l'idea di miscelare, con l'ausilio dei computer e dei campionatori, suoni e voci del folklore popolare ai nuovi ritmi elettronici è piaciuta a molti, specialmente fra gli addetti ai lavori. Quindi ha preso il sopravvento la tendenza ad appropriarsi dell'idea scaricando gli ideatori, specialmente se questi non appartengono alle cerchie privilegiate che controllano il business delle culture e delle sottoculture italiote .



Recycle è' un progetto animato da due personaggi molto attivi dell' underground della capitale: Marco Cristiantelli ovvero H501L ed Emilio Loizzo proveniente dalla storica e  mitica cerchia di Centro Suono Rave. Da sempre autori radiofonici originali e innovativi hanno anche realizzato lavori per la televisione. Oltre alla collaborazione ultranota con il pittore poeta Remo Remotti hanno inaugurato una serie di commistioni fra breakbeat e riciclaggio campionato dei suoni del folklore metropolitano romano lavorando anche con il mitico Massimo Marino. Incontriamo H501L per approfondire la storia e la filosofia di Recycle.


D. Recycle, il nome del vostro progetto,è rappresentativo della filosofia con la quale costruite la vostra musica?
R. Si è rappresentativo: più che nelle sue varie e controverse valenze che il concetto di riciclo possa assumere - vedi in materia economica, per es. tra riciclo dei rifiuti e riciclo del denaro - il valore di quella parola per noi risiede sopratutto nella filosofia che ‘nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma’. Un moto perpetuo che in ogni processo storico fluttua negli elementi e quindi anche nelle arti. Illusorio e illogico quindi  pensare che la musica ne sia immune: non lo era prima che inventassero i samplers figuriamoci oggi che è diventata strumentazione accessoria low cost, oltre che diffusa e agevole nell'uso anche per dei non-musicisti come me. Tutto proviene sempre da qualcos'altro ed è figlio di una cultura o di un pensiero. L’originalità sta nell’intuizione, quasi mai in una tessitura di note suonate in un contesto melodico tonale o in un semplice drone. Per questo assieme a Emilio Loizzo abbiamo per gioco continuato a chiamarci Recycle, e altrettanto per gioco penso che continueremo su nuove e altre forme.

D. Siete autori di varie iniziative radiofoniche e non solo, fra le quali "La Danza della Mente" e "Musica Machina", in queste esperienze avete ridefinito le modalità della conduzione, e avete proposto veri e propri flussi di suono senza soluzione di continuità, ci puoi parlare della vostra visione di radio?
R: Innanzitutto ti ringrazio del lusinghiero giudizio espresso nella domanda, non so dire se risponda o meno al vero ma ti ringrazio lo stesso. Cercherò quindi di darti una risposta (spero) esaustiva, cercando di evitare lungaggini tra le tante cose che ci sarebbero da dire. Dunque, la nostra visione di radio ha poco o nulla a che vedere con le poche ed allineate esperienze radiofoniche italiane. Naturalmente facendo le dovute eccezioni per alcune trasmissioni di irresistibile surrealismo comico, come la storica "Alto Gradimento" di Arbore & Boncompagni o le più recenti 610 di Greg e Lillo e "Cordialmente" di Elio. Tutte queste trasmissioni hanno in comune la coadiuvazione degli autori con un ensemble di autentici "sciamani" (vedi Marenco-Bracardi per Alto gradimento fino a Stefano Frosi o Mangoni rispettivamente per "610" e "Cordialmente"), dove in un geometrico gioco di squadra concorrono a costituire un solido immaginario umoristico che riverbera da linguaggi esageratamente surreali per arrivare a un impietoso specchio dei tempi correnti, o che stanno per arrivare.

Questo l'unico tipo di esperienza radiofonica italiana che reputo interessante. Di contro purtroppo nella musica, da oltre 40 anni a questa parte, in Italia non è mai sorto un format altrettanto convincente, sia nei contenuti che nel confezionamento. Un unico bagliore si verificò nel biennio 1991/92 con Centro Suono Rave, poi più nulla. Per chi non s'accontenta se vai all'estero c'è il tuning compulsivo tra le radio, dove è un pullulare di trasmissioni musicali almeno curiose se non decenti, oppure lo streaming di radio da tutto il mondo che coincide con l'avvento di internet.
Come suono e sostanza dei flussi musicali trovo che BBC come radio vince a mani basse su tutti: un vero e proprio modello di riferimento. Stupisce che facendo il parallelo con la nostra Rai parliamo comunque di canali radio di stato, dove  il range nel trattamento dei fenomeni musicali emergenti è uguale a un abisso. Quindi in un contesto desolante come questo, dove la curiosità viene bandita per prediligere il consueto e desueto, La Danza della Mente come Musica Machina sono diventate la nostra arma di autodifesa contro l’incessante pioggia chimica del suono non-suono di certe radio che accompagnano la nostra permanenza nei bar, negozi, luoghi di lavoro, centri commerciali etc.. insomma un po’ tutte quelle situazioni quotidiane che fanno da colonna sonora al passaggio di soldi da un portafogli a un altro o direttamente alla cassa: battute finte che non ascolta nessuno, speaker che ridono da soli e senza motivo e via col brano d'amore o di trasgressione fasulla millantata per chissà cosa. Insomma si, credo che Musica Machina e La Danza della Mente siano una forma seppur labile, di resistenza attiva a tutto questo. Certamente la sfida è cercare di attirare anche ascoltatori da altri ambienti, compresi quelli più generalisti, e non fermarsi a quello naturale di nicchia a cui si riferiscono i vari settori di musica che trattiamo. Anche per questo motivo che ci siamo inventati Eloquens, uno stravagante robot enterteiner e performer a tutto campo che da Musica Machina è riuscito a esportare le sue gag fino a Mtv (bontà loro), avendo anche assunto nel tempo una sua precisa fisionomia per animazioni in 3D.

D. Avete spesso giocato con l'uso di voci e parlati di varie provenienze nelle vostre trasmissioni radiofoniche, alcuni di questi esperimenti si sono poi tradotti in brani veri e propri?
R. Certamente, il primo tra questi è proprio "Roma addio". Ricordo che facemmo emergere la voce di Remo Remotti durante una puntata de La Danza della Mente nel '96 nella vecchia Power Station 89.3. Facevamo tutto live in onda e con Emilio Loizzo ci si sfidava a mettere su un gioco di suggestioni a incastro tra musica e parole. Un laboratorio con la velleità di impiantare su un discorso musicale, per quanto possibile dotato anche di una certa continuità. Il tutto in una sorta di sperimentalismo e improvvisazione dato che non provavamo niente prima, quindi con tutto il rischio di improvvise cacofonie dove sarebbe risultato poi difficile porvi rimedio, se non con la cacciata istantanea degli allegri astanti. Il bello che è eravamo tutti continuamente ispirati e ci riusciva sempre tutto. Non finiremo mai di ringraziare per la pazienza, la fiducia e il sostegno che ci diede Luca Cucchetti che era l'allora direttore di Power Station. Chiamammo quindi degli ospiti, ispiratissimi pure loro (come Amptek, Telex, Marco Micheli e altri) che nel gioco di suggestioni incrociate ci sguazzarono benissimo, arrivando addirittura a dare nuovi stimoli e input alla filosofia di base che animò il programma tra il 1995 e il 1998. Un laboratorio dicevo, dove nacque l'idea per brani diciamo insoliti per l'epoca, molti dei quali vennero inclusi nell'album "Passaggi e tiri in porta" (1999) tipo: "Dimmi tesora", "Ninetto", "Capra e cavoli", "Ghostwriter" o "Er cane d'er vicino", solo per citarne alcuni.

D. La vostra collaborazione con Remo Remotti ha raggiunto una certa visibilità e il brano “Mamma Roma” è parte dell'immaginario collettivo, puoi raccontarci la genesi di questo brano e la collaborazione con Remo?
R. E' una genesi con una gestazione un pò lunga, e anche un pò complessa, ma andiamo con ordine. Nel ‘90 un caro amico mi diede un vecchio vhs dove c'era uno stupendo documentario su Roma trasmesso a chissà quale ora della notte sulla vecchia raitre. Oltre a Ninetto Davoli, Renato Nicolini più altra bella gente ripresa dalla strada c'era anche un anziano signore che da una terrazza del Pincio parlava della Roma anni'50 da dove un bel giorno se n'è andato, il resto lo conosciamo. La registrazione non era completa quindi non era facile risalire a chi fosse dai semplici titoli di coda. Ripescai quel vecchio e ormai smagnetizzato vhs molti anni dopo per suonarlo proprio in radio durante La Danza della Mente. Ci stregò letteralmente e nel 1997 con Emilio decidemmo di farne un brano. Un anno dopo la wot4 ce lo chiese da pubblicare per una compilation composta da artisti e producers romani emergenti: era "Aliens in Roma" e noi ancora non sapevamo chi fosse il signore dell'invettiva dal Pincio. Cerca di qua cerca di là, venimmo a sapere che si trattava di Remo Remotti, apprezzato attore e caratterista su diversi film italiani e stranieri, e ci presentammo finalmente alla sua porta di casa per avere il suo ok in occasione dell'uscita del brano. Inutile dire che si rivelò la persona squisitamente splendida quale è. Successivamente nel 1998 il cd uscì e vendette tutte le copie, addirittura in diverse tirature, fatto assolutamente anomalo per il mercato indipendente, specie in periodo di crisi. "Roma addio" era diventato il traino assoluto della compilation tanto fu trasmesso da diverse radio nazionali quali radiodue e radio deejay, per non contare che addirittura Blob ci fece un spontaneamente un video che ne divenne poi la nostra clip ufficiale. L'anno successivo uscì come cd singolo con dei remix e venimmo chiamati a suonare un pò in tutt'Italia. Remo Remotti da quel momento si scoprì e diventò a più di settant'anni un vero e proprio rock performer.  Esperienze analoghe di suoi coetanei lanciati nel pop, come il grande Manlio Sgalambro, arrivano solo qualche anno dopo.

D. Ad un certo punto il vostro lavoro ha riguardato anche Yari Carrisi e in una occasione dal vivo anche Romina Power, cosa ricordi di quella fase?
Ottima persona Yari, lo conoscemmo grazie alla fortuna che ha avuto Mamma Roma Addio. Un bel giorno si presentò e ci disse di quando approcciò al nostro brano. Una sera in viaggio lo ascoltò in radio per la prima volta, era in viaggio e dovette fermarsi in strada tanto si ritrovò a ridere a crepapelle con i suoi amici in macchina. Da lì si mise in testa di scoprire chi è e chi non è. Ed ecco che da persona assolutamente tranquilla, squisita e disponibile si presenta per chiederci di fare assieme a lui un pezzo, che guarda caso si sarebbe intitolato proprio "Pezzo". Testo di Yari e Lorenzo Cherubini alias Jovanotti, da una poesia di Remo cantato in duetto proprio da Yari e  Remo Remotti, con arrangiamenti e musiche nostre e di Yari. Nel 2004 uscì come singolo e poi successivamente nell'album di Yari su Soleluna/Universal (l'etichetta di Jovanotti) ed ebbe un discreto numero di passaggi radio su network nazionali. Con Yari abbiamo stretto una solida amicizia tanto da venirci a trovare con sua madre nel centro sociale dove avevamo una serata. Esterrefatti e stupiti della sua inaspettata presenza chiedemmo a Romina se fosse anche così gentile da presentare la nostra performance. Lei acconsentì. Il caso vuole che Emilio Loizzo quella sera avesse con sè il 45giri del "ballo del qua qua" e cominciò a scratcharlo come Romina salì sul palco tra noi e il pubblico. Fu un’emozione unica, gliene saremo sempre grati. Eravamo così frastornati e confusi che neanche pensammo di farci qualche foto ricordo assieme. Ma fa niente, in una ipotetica lista di cose da fare prima di morire, questa se non c'era l'avremmo senz'altro aggiunta. E depennata. 

D. La commistione fra elettronica "riciclata" e suoni concreti o provenienti dall'universo folklorico romano vi ha valso la definizione di "post-pasoliniani", e questa è una vostra idea originale spesso plagiata. So che questa idea non è casuale ma è frutto di una vostra precisa visione ...
R. Come dicevo prima, non credo che nessuno si sia mai inventato niente, a cominciare da noi. Si, forse abbiamo avuto per primi l'intuizione di sistemare in un certo modo alcune vocalità romanesche su suoni di sintesi, ma la trovo una cosa perfettamente in linea con un processo storico che si era già innestato da diversi anni. Sul mercato i prezzi per una dignitosa strumentazione elettronica cominciavano ad essere accessibili, non erano più alle stelle come in epoca Kraftwerk  quando si trattava di investimenti milionari. La nostra idea di applicazione è stata, ed è tutt'ora, quella di caratterizzare territorialmente la valenza del nostro suono di riferimento nel modo più genuino possibile, forse per renderlo meno astratto per soli appassionati o fine a se stesso. Un gioco di decostruzione e ricostruzione di nuovi contesti sonori con elementi che in origine non hanno mai immaginato di poter convivere tra loro. Poi è diventato un gioco così diffuso, non soltanto in ambito romano ma globale, tanto da dare lavoro a  uffici legali specializzati nel rilascio di liberatorie e licenze per samples utilizzati. Oggi il cosiddetto riciclo vero e proprio in abito multimediale e discografico non è più una via percorribile, e anche artisticamente c’è da dire che ha fatto il suo tempo. Una volta avviata una scia l'abbiamo prontamente abbandonata, anche se la filosofia di fondo resta sempre la stessa. Poco importa se su quella breccia sterrata, all’epoca scomoda tutta fatta di polvere e ciottoli, adesso qualcuno la solca mentre è diventata una strada illuminata, comoda e rifinita. Pasolini secondo me, non risiede nel semplice uso di una voce da un dialetto o da uno stornello, ma in questa precisa filosofia di concepire il susseguirsi dei diversi processi che accompagnano una fase creativa. Forse è la differenza sostanziale che passa tra essere e il fare che ci distingue. O ci oblia a seconda dei punti di vista.  


D. Siete mai riusciti a rapportarvi con i diretti collaboratori di Pasolini come Ninetto Davoli?
R. Certo! Come ti dicevo, dallo stesso documentario su Roma - da cui recuperammo la declamazione original di Mamma Roma con Remotti - c'era anche una breve ma notevole piece di Ninetto Davoli. Anche in questo caso da parte nostra il pezzo scattò immediatamente e finì nel nostro primo album prodotto da Eclectic. Era "Passaggi e tiri in porta" (1999) ed ebbe giudizi lusinghieri unanimi sulle più svariate riviste musicali. Insomma tornando alla domanda, ho avuto la fortuna di conoscere anche Ninetto: mi fece fin da subito una grandissima impressione. Una persona di una umanità fuori dal comune. A sentirlo parlare sembra arrivare direttamente dagli anni '60, come da una macchina del tempo per il suo modo estraniato di rapportarsi alle tecnologie di consumo più diffuse, anche meno attuali di allora, e mi riferisco alla fine degli anni’90. Da etero ho compreso appieno, come non mi sarebbe mai stato possibile, tutto il nocciolo dell'innamoramento omosessuale che poteva nutrire il Pasolini intellettuale scrittore e regista per questo tipo di personaggi reduci da una Roma che non c'è più. Gli auguro di cuore ogni bene possibile.   

D. in tempi successivi avete lavorato spesso con Massimo Marino, come è nata questa collaborazione e cosa vi ha spinti verso questo personaggio cosi originale?
Con Emilio siamo sempre stati innamorati del modo di fare tv di Massimo Marino e del suo Viviroma. Per la verità ci colpì già da molto tempo prima che di lui se ne accorse l'establishment cine-televisionaro. Marino Marino è una sorta di pasquino rivisto e aggiornato. Nella sua ruspante schiettezza ha sempre avuto il coraggio di cogliere e illustrare le miserie e le grottesche caducità  che la Roma by night tende a nascondere dietro a luci, insegne e lustrini. Un puro istinto da indomito combattente civico, niente a che vedere con le fasullità di tanti tribuni e opinion leaders di tv e radio nostrane. Ciò che oggi viene definito cafonal si verificherà molto tempo dopo. La filosofia primaria di come oggi vengono caratterizzati e raccontati certi pseudo-eventi mondani credo provenga proprio dal suo stile disincantato, figlio di una cultura che “il pane che non te lo regala nessuno e va guadagnato giorno per giorno”. Tantopiù che nessuno come Massimo Marino è riuscito a fare un programma nella scomoda posizione di dover sempre rendere conto a un committente, con lo straordinario risultato raggiunto di non far mai appiattire il senso del suo messaggio in una  consueta anestetizzante inserzione televisiva. Ci abbiamo lavorato assieme con Massimo: dapprima Emilio qualche annetto fa, in giro di notte con lui a fare il cameraman, poi successivamente mi aggiunsi per un paio di mesi come montatore del programma. Una volta lo invitammo da noi in trasmissione ma purtroppo qualche luminare stratega interno della comunicazione si baloccò nel fare ostracismo sul personaggio Marino, e quindi sulla nostra idea di averlo come ospite. Quella trasmissione ebbe un enorme successo ma purtroppo dovemmo abortire l'idea di avviare nei nostri spazi radiofonici una serie di sue ospitate e collaborazioni. Peccato..      


D. Avete spesso collaborato con altri artisti della scena elettronica come Amptek ed Entropia o Paolo Zerla, cosa ricordate di queste collaborazioni?
Personalmente conosco Amptek e mi onoro della sua amicizia fin dagli anni'80. Qualche volta abbiamo suonato anche assieme quando mi dilettavo a suonare la batteria. Poi dai primi anni '90, con l'esplosione dell'elettronica e della techno, ci convertimmo ai nuovi suoni e al magma di soluzioni timbriche tutte da esplorare, e da lì avviammo collaborazioni più dirette che susseguono ancora oggi. Tra il '90 e il '94 non vivevo a Roma ma eravamo comunque in contatto. Una volta tornato a Roma nel 1995 cominciai l'avventura de La Danza della Mente su Power Station e Amptek fu diverse volte partner in trasmissione oltre che ospite in svariate puntate. Anche oggi collabora con me partecipando in pianta stabile, con rubriche in voce e djsets su Musica Machina il radioshow del sabato notte di RCA 88.9, tutt'ora attivo dal 2001 ad oggi. Entropia è il gruppo di riferimento di Amptek, tutte ottime persone e valenti musicisti con i quali ho avuto il piacere di collaborare in più occasioni. Paolo Zerla invece lo conoscevo solo radiofonicamente, naturalmente apprezzandolo per la qualità delle sue selezioni mixate. Poi l'ho conosciuto di recente e mi sono detto: perchè non avviare assieme una rubrica di musica cosmica che oscilli tra l'antico e il futuribile delle ultime releases discografiche? Una specie di gioco a interazione comune per unire negli anni tutti i filoni interpretativi dell'istinto psichedelico applicato all'elettronica più spaziale e trasognante. Così è nata "Astronomy Domine" dal titolo ispirato da uno storico brano dei Pink Floyd a far da sintesi e manifesto di intenti. Per ora con Zerla non ci sono altri progetti in comune oltre questa esperienza radiofonica, in futuro chissà.