Le note di "Mamma Roma Addio" hanno raggiunto una
discreta notorietà nazionale, ma i protagonisti di questa avventura, a parte
Remo Remotti, sono rimasti al pubblico
decisamente sconosciuti.
Forse perché l'idea di miscelare, con l'ausilio dei
computer e dei campionatori, suoni e voci del folklore popolare ai nuovi ritmi
elettronici è piaciuta a molti, specialmente fra gli addetti ai lavori. Quindi
ha preso il sopravvento la tendenza ad appropriarsi dell'idea scaricando gli
ideatori, specialmente se questi non appartengono alle cerchie privilegiate che
controllano il business delle culture e delle sottoculture italiote .
Recycle è' un progetto animato da due personaggi molto attivi
dell' underground della capitale: Marco Cristiantelli ovvero H501L ed Emilio
Loizzo proveniente dalla storica e
mitica cerchia di Centro Suono Rave. Da sempre autori radiofonici
originali e innovativi hanno anche realizzato lavori per la televisione. Oltre alla
collaborazione ultranota con il pittore poeta Remo Remotti hanno inaugurato una
serie di commistioni fra breakbeat e riciclaggio campionato dei suoni del
folklore metropolitano romano lavorando anche con il mitico Massimo Marino.
Incontriamo H501L per approfondire la storia e la filosofia di Recycle.
D. Recycle, il nome
del vostro progetto,è rappresentativo della filosofia con la quale costruite la
vostra musica?
R.
Si è rappresentativo: più che nelle sue varie e controverse valenze che il
concetto di riciclo possa assumere - vedi in materia economica, per es. tra
riciclo dei rifiuti e riciclo del denaro - il valore di quella parola per noi
risiede sopratutto nella filosofia che ‘nulla si crea, nulla si distrugge ma
tutto si trasforma’. Un moto perpetuo che in ogni processo storico fluttua negli
elementi e quindi anche nelle arti. Illusorio e illogico quindi pensare che la musica ne sia immune: non lo
era prima che inventassero i samplers figuriamoci oggi che è diventata
strumentazione accessoria low cost, oltre che diffusa e agevole nell'uso anche
per dei non-musicisti come me. Tutto proviene sempre da qualcos'altro ed è
figlio di una cultura o di un pensiero. L’originalità sta nell’intuizione,
quasi mai in una tessitura di note suonate in un contesto melodico tonale o in
un semplice drone. Per questo assieme a Emilio Loizzo abbiamo per gioco
continuato a chiamarci Recycle, e altrettanto per gioco penso che continueremo
su nuove e altre forme.
D. Siete autori di
varie iniziative radiofoniche e non solo, fra le quali "La Danza della Mente" e
"Musica Machina", in queste esperienze avete ridefinito le modalità
della conduzione, e avete proposto veri e propri flussi di suono senza
soluzione di continuità, ci puoi parlare della vostra visione di radio?
R:
Innanzitutto ti ringrazio del lusinghiero giudizio espresso nella domanda, non
so dire se risponda o meno al vero ma ti ringrazio lo stesso. Cercherò quindi
di darti una risposta (spero) esaustiva, cercando di evitare lungaggini tra le
tante cose che ci sarebbero da dire. Dunque, la nostra visione di radio ha poco
o nulla a che vedere con le poche ed allineate esperienze radiofoniche
italiane. Naturalmente facendo le dovute eccezioni per alcune trasmissioni di irresistibile
surrealismo comico, come la storica "Alto Gradimento" di Arbore &
Boncompagni o le più recenti 610 di Greg e Lillo e "Cordialmente" di
Elio. Tutte queste trasmissioni hanno in comune la coadiuvazione degli autori
con un ensemble di autentici "sciamani" (vedi Marenco-Bracardi per
Alto gradimento fino a Stefano Frosi o Mangoni rispettivamente per
"610" e "Cordialmente"), dove in un geometrico gioco di
squadra concorrono a costituire un solido immaginario umoristico che riverbera
da linguaggi esageratamente surreali per arrivare a un impietoso specchio dei
tempi correnti, o che stanno per arrivare.
Questo
l'unico tipo di esperienza radiofonica italiana che reputo interessante. Di
contro purtroppo nella musica, da oltre 40 anni a questa parte, in Italia non è
mai sorto un format altrettanto convincente, sia nei contenuti che nel confezionamento.
Un unico bagliore si verificò nel biennio 1991/92 con Centro Suono Rave, poi
più nulla. Per chi non s'accontenta se vai all'estero c'è il tuning compulsivo
tra le radio, dove è un pullulare di trasmissioni musicali almeno curiose se
non decenti, oppure lo streaming di radio da tutto il mondo che coincide con l'avvento
di internet.
Come
suono e sostanza dei flussi musicali trovo che BBC come radio vince a mani
basse su tutti: un vero e proprio modello di riferimento. Stupisce che facendo
il parallelo con la nostra Rai parliamo comunque di canali radio di stato,
dove il range nel trattamento dei
fenomeni musicali emergenti è uguale a un abisso. Quindi in un contesto
desolante come questo, dove la curiosità viene bandita per prediligere il
consueto e desueto, La Danza
della Mente come Musica Machina sono diventate la nostra arma di autodifesa
contro l’incessante pioggia chimica del suono non-suono di certe radio che
accompagnano la nostra permanenza nei bar, negozi, luoghi di lavoro, centri
commerciali etc.. insomma un po’ tutte quelle situazioni quotidiane che fanno
da colonna sonora al passaggio di soldi da un portafogli a un altro o
direttamente alla cassa: battute finte che non ascolta nessuno, speaker che
ridono da soli e senza motivo e via col brano d'amore o di trasgressione
fasulla millantata per chissà cosa. Insomma si, credo che Musica Machina e La Danza della Mente siano una
forma seppur labile, di resistenza attiva a tutto questo. Certamente la sfida è
cercare di attirare anche ascoltatori da altri ambienti, compresi quelli più
generalisti, e non fermarsi a quello naturale di nicchia a cui si riferiscono i
vari settori di musica che trattiamo. Anche per questo motivo che ci siamo
inventati Eloquens, uno stravagante robot enterteiner e performer a tutto campo
che da Musica Machina è riuscito a esportare le sue gag fino a Mtv (bontà
loro), avendo anche assunto nel tempo una sua precisa fisionomia per animazioni
in 3D.
D. Avete spesso
giocato con l'uso di voci e parlati di varie provenienze nelle vostre
trasmissioni radiofoniche, alcuni di questi esperimenti si sono poi tradotti in
brani veri e propri?
R.
Certamente, il primo tra questi è proprio "Roma addio". Ricordo che
facemmo emergere la voce di Remo Remotti durante una puntata de La Danza della Mente nel '96
nella vecchia Power Station 89.3. Facevamo tutto live in onda e con Emilio
Loizzo ci si sfidava a mettere su un gioco di suggestioni a incastro tra musica
e parole. Un laboratorio con la velleità di impiantare su un discorso musicale,
per quanto possibile dotato anche di una certa continuità. Il tutto in una
sorta di sperimentalismo e improvvisazione dato che non provavamo niente prima,
quindi con tutto il rischio di improvvise cacofonie dove sarebbe risultato poi difficile
porvi rimedio, se non con la cacciata istantanea degli allegri astanti. Il
bello che è eravamo tutti continuamente ispirati e ci riusciva sempre tutto.
Non finiremo mai di ringraziare per la pazienza, la fiducia e il sostegno che
ci diede Luca Cucchetti che era l'allora direttore di Power Station. Chiamammo
quindi degli ospiti, ispiratissimi pure loro (come Amptek, Telex, Marco Micheli
e altri) che nel gioco di suggestioni incrociate ci sguazzarono benissimo,
arrivando addirittura a dare nuovi stimoli e input alla filosofia di base che
animò il programma tra il 1995 e il 1998. Un laboratorio dicevo, dove nacque
l'idea per brani diciamo insoliti per l'epoca, molti dei quali vennero inclusi
nell'album "Passaggi e tiri in porta" (1999) tipo: "Dimmi tesora",
"Ninetto", "Capra e cavoli", "Ghostwriter" o
"Er cane d'er vicino", solo per citarne alcuni.
D. La vostra
collaborazione con Remo Remotti ha raggiunto una certa visibilità e il brano “Mamma
Roma” è parte dell'immaginario collettivo, puoi raccontarci la genesi di questo
brano e la collaborazione con Remo?
R.
E' una genesi con una gestazione un pò lunga, e anche un pò complessa, ma andiamo
con ordine. Nel ‘90 un caro amico mi diede un vecchio vhs dove c'era uno
stupendo documentario su Roma trasmesso a chissà quale ora della notte sulla
vecchia raitre. Oltre a Ninetto Davoli, Renato Nicolini più altra bella gente
ripresa dalla strada c'era anche un anziano signore che da una terrazza del
Pincio parlava della Roma anni'50 da dove un bel giorno se n'è andato, il resto
lo conosciamo. La registrazione non era completa quindi non era facile risalire
a chi fosse dai semplici titoli di coda. Ripescai quel vecchio e ormai
smagnetizzato vhs molti anni dopo per suonarlo proprio in radio durante La Danza della Mente. Ci stregò
letteralmente e nel 1997 con Emilio decidemmo di farne un brano. Un anno dopo
la wot4 ce lo chiese da pubblicare per una compilation composta da artisti e
producers romani emergenti: era "Aliens in Roma" e noi ancora non
sapevamo chi fosse il signore dell'invettiva dal Pincio. Cerca di qua cerca di
là, venimmo a sapere che si trattava di Remo Remotti, apprezzato attore e
caratterista su diversi film italiani e stranieri, e ci presentammo finalmente
alla sua porta di casa per avere il suo ok in occasione dell'uscita del brano.
Inutile dire che si rivelò la persona squisitamente splendida quale è.
Successivamente nel 1998 il cd uscì e vendette tutte le copie, addirittura in
diverse tirature, fatto assolutamente anomalo per il mercato indipendente,
specie in periodo di crisi. "Roma addio" era diventato il traino
assoluto della compilation tanto fu trasmesso da diverse radio nazionali quali
radiodue e radio deejay, per non contare che addirittura Blob ci fece un
spontaneamente un video che ne divenne poi la nostra clip ufficiale. L'anno successivo
uscì come cd singolo con dei remix e venimmo chiamati a suonare un pò in
tutt'Italia. Remo Remotti da quel momento si scoprì e diventò a più di
settant'anni un vero e proprio rock performer.
Esperienze analoghe di suoi coetanei lanciati nel pop, come il grande
Manlio Sgalambro, arrivano solo qualche anno dopo.
D. Ad un certo
punto il vostro lavoro ha riguardato anche Yari Carrisi e in una occasione dal
vivo anche Romina Power, cosa ricordi di quella fase?
Ottima
persona Yari, lo conoscemmo grazie alla fortuna che ha avuto Mamma Roma Addio. Un
bel giorno si presentò e ci disse di quando approcciò al nostro brano. Una sera
in viaggio lo ascoltò in radio per la prima volta, era in viaggio e dovette
fermarsi in strada tanto si ritrovò a ridere a crepapelle con i suoi amici in
macchina. Da lì si mise in testa di scoprire chi è e chi non è. Ed ecco che da
persona assolutamente tranquilla, squisita e disponibile si presenta per
chiederci di fare assieme a lui un pezzo, che guarda caso si sarebbe intitolato
proprio "Pezzo". Testo di Yari e Lorenzo Cherubini alias Jovanotti,
da una poesia di Remo cantato in duetto proprio da Yari e Remo Remotti, con arrangiamenti e musiche
nostre e di Yari. Nel 2004 uscì come singolo e poi successivamente nell'album
di Yari su Soleluna/Universal (l'etichetta di Jovanotti) ed ebbe un discreto
numero di passaggi radio su network nazionali. Con Yari abbiamo stretto una
solida amicizia tanto da venirci a trovare con sua madre nel centro sociale
dove avevamo una serata. Esterrefatti e stupiti della sua inaspettata presenza chiedemmo
a Romina se fosse anche così gentile da presentare la nostra performance. Lei
acconsentì. Il caso vuole che Emilio Loizzo quella sera avesse con sè il 45giri
del "ballo del qua qua" e cominciò a scratcharlo come Romina salì sul
palco tra noi e il pubblico. Fu un’emozione unica, gliene saremo sempre grati.
Eravamo così frastornati e confusi che neanche pensammo di farci qualche foto
ricordo assieme. Ma fa niente, in una ipotetica lista di cose da fare prima di
morire, questa se non c'era l'avremmo senz'altro aggiunta. E depennata.
D. La commistione
fra elettronica "riciclata" e suoni concreti o provenienti
dall'universo folklorico romano vi ha valso la definizione di
"post-pasoliniani", e questa è una vostra idea originale spesso
plagiata. So che questa idea non è casuale ma è frutto di una vostra precisa
visione ...
R.
Come dicevo prima, non credo che nessuno si sia mai inventato niente, a
cominciare da noi. Si, forse abbiamo avuto per primi l'intuizione di sistemare
in un certo modo alcune vocalità romanesche su suoni di sintesi, ma la trovo
una cosa perfettamente in linea con un processo storico che si era già
innestato da diversi anni. Sul mercato i prezzi per una dignitosa strumentazione
elettronica cominciavano ad essere accessibili, non erano più alle stelle come
in epoca Kraftwerk quando si trattava di
investimenti milionari. La nostra idea di applicazione è stata, ed è tutt'ora,
quella di caratterizzare territorialmente la valenza del nostro suono di
riferimento nel modo più genuino possibile, forse per renderlo meno astratto
per soli appassionati o fine a se stesso. Un gioco di decostruzione e
ricostruzione di nuovi contesti sonori con elementi che in origine non hanno
mai immaginato di poter convivere tra loro. Poi è diventato un gioco così
diffuso, non soltanto in ambito romano ma globale, tanto da dare lavoro a uffici legali specializzati nel rilascio di
liberatorie e licenze per samples utilizzati. Oggi il cosiddetto riciclo vero e
proprio in abito multimediale e discografico non è più una via percorribile, e
anche artisticamente c’è da dire che ha fatto il suo tempo. Una volta avviata
una scia l'abbiamo prontamente abbandonata, anche se la filosofia di fondo resta
sempre la stessa. Poco importa se su quella breccia sterrata, all’epoca scomoda
tutta fatta di polvere e ciottoli, adesso qualcuno la solca mentre è diventata una
strada illuminata, comoda e rifinita. Pasolini secondo me, non risiede nel
semplice uso di una voce da un dialetto o da uno stornello, ma in questa
precisa filosofia di concepire il susseguirsi dei diversi processi che
accompagnano una fase creativa. Forse è la differenza sostanziale che passa tra
essere e il fare che ci distingue. O ci oblia a seconda dei punti di
vista.
D. Siete mai
riusciti a rapportarvi con i diretti collaboratori di Pasolini come Ninetto
Davoli?
R.
Certo! Come ti dicevo, dallo stesso documentario su Roma - da cui recuperammo la
declamazione original di Mamma Roma con Remotti - c'era anche una breve ma
notevole piece di Ninetto Davoli. Anche in questo caso da parte nostra il pezzo
scattò immediatamente e finì nel nostro primo album prodotto da Eclectic. Era
"Passaggi e tiri in porta" (1999) ed ebbe giudizi lusinghieri unanimi
sulle più svariate riviste musicali. Insomma tornando alla domanda, ho avuto la
fortuna di conoscere anche Ninetto: mi fece fin da subito una grandissima
impressione. Una persona di una umanità fuori dal comune. A sentirlo parlare
sembra arrivare direttamente dagli anni '60, come da una macchina del tempo per
il suo modo estraniato di rapportarsi alle tecnologie di consumo più diffuse,
anche meno attuali di allora, e mi riferisco alla fine degli anni’90. Da etero
ho compreso appieno, come non mi sarebbe mai stato possibile, tutto il nocciolo
dell'innamoramento omosessuale che poteva nutrire il Pasolini intellettuale
scrittore e regista per questo tipo di personaggi reduci da una Roma che non
c'è più. Gli auguro di cuore ogni bene possibile.
D. in tempi successivi
avete lavorato spesso con Massimo Marino, come è nata questa collaborazione e
cosa vi ha spinti verso questo personaggio cosi originale?
Con
Emilio siamo sempre stati innamorati del modo di fare tv di Massimo Marino e
del suo Viviroma. Per la verità ci colpì già da molto tempo prima che di lui se
ne accorse l'establishment cine-televisionaro. Marino Marino è una sorta di
pasquino rivisto e aggiornato. Nella sua ruspante schiettezza ha sempre avuto
il coraggio di cogliere e illustrare le miserie e le grottesche caducità che la Roma by night tende a nascondere dietro a luci,
insegne e lustrini. Un puro istinto da indomito combattente civico, niente a
che vedere con le fasullità di tanti tribuni e opinion leaders di tv e radio
nostrane. Ciò che oggi viene definito cafonal si verificherà molto tempo dopo.
La filosofia primaria di come oggi vengono caratterizzati e raccontati certi
pseudo-eventi mondani credo provenga proprio dal suo stile disincantato, figlio
di una cultura che “il pane che non te lo regala nessuno e va guadagnato giorno
per giorno”. Tantopiù che nessuno come Massimo Marino è riuscito a fare un
programma nella scomoda posizione di dover sempre rendere conto a un
committente, con lo straordinario risultato raggiunto di non far mai appiattire
il senso del suo messaggio in una consueta
anestetizzante inserzione televisiva. Ci abbiamo lavorato assieme con Massimo:
dapprima Emilio qualche annetto fa, in giro di notte con lui a fare il
cameraman, poi successivamente mi aggiunsi per un paio di mesi come montatore
del programma. Una volta lo invitammo da noi in trasmissione ma purtroppo qualche
luminare stratega interno della comunicazione si baloccò nel fare ostracismo
sul personaggio Marino, e quindi sulla nostra idea di averlo come ospite. Quella
trasmissione ebbe un enorme successo ma purtroppo dovemmo abortire l'idea di
avviare nei nostri spazi radiofonici una serie di sue ospitate e
collaborazioni. Peccato..
D. Avete spesso
collaborato con altri artisti della scena elettronica come Amptek ed Entropia o
Paolo Zerla, cosa ricordate di queste collaborazioni?
Personalmente
conosco Amptek e mi onoro della sua amicizia fin dagli anni'80. Qualche volta
abbiamo suonato anche assieme quando mi dilettavo a suonare la batteria. Poi
dai primi anni '90, con l'esplosione dell'elettronica e della techno, ci
convertimmo ai nuovi suoni e al magma di soluzioni timbriche tutte da
esplorare, e da lì avviammo collaborazioni più dirette che susseguono ancora
oggi. Tra il '90 e il '94 non vivevo a Roma ma eravamo comunque in contatto.
Una volta tornato a Roma nel 1995 cominciai l'avventura de La Danza della Mente su Power
Station e Amptek fu diverse volte partner in trasmissione oltre che ospite in
svariate puntate. Anche oggi collabora con me partecipando in pianta stabile,
con rubriche in voce e djsets su Musica Machina il radioshow del sabato notte
di RCA 88.9, tutt'ora attivo dal 2001 ad oggi. Entropia è il gruppo di
riferimento di Amptek, tutte ottime persone e valenti musicisti con i quali ho
avuto il piacere di collaborare in più occasioni. Paolo Zerla invece lo
conoscevo solo radiofonicamente, naturalmente apprezzandolo per la qualità
delle sue selezioni mixate. Poi l'ho conosciuto di recente e mi sono detto:
perchè non avviare assieme una rubrica di musica cosmica che oscilli tra
l'antico e il futuribile delle ultime releases discografiche? Una specie di
gioco a interazione comune per unire negli anni tutti i filoni interpretativi
dell'istinto psichedelico applicato all'elettronica più spaziale e trasognante.
Così è nata "Astronomy Domine" dal titolo ispirato da uno storico
brano dei Pink Floyd a far da sintesi e manifesto di intenti. Per ora con Zerla
non ci sono altri progetti in comune oltre questa esperienza radiofonica, in
futuro chissà.