lunedì 18 gennaio 2010

D. Nelle tue ultime produzioni si intravedono diverse direzioni musicali, quale è l’esatta identità di Amptek?
R. Come molti avranno notato ho prodotto negli ultimi anni dischi relativi a progetti differenti, da un lato ci sono le colonne sonore realizzate per varie produzioni nelle quali utilizzo un linguaggio musicale relativo alle specifiche esigenze dell’immagine, nel quale impiego parti orchestrali e dove converge il mio interesse per il minimalismo e per la colonna sonora italiana.
Parallelamente ci sono produzioni di stampo decisamente ambient e sperimentale, fra le quali i “Mikrokosmos” e “Haxan”. Altri produzioni, come “Natural Elements” o “Environmental Effects” hanno riguardato composizioni legate alle forme musicali elettroniche a me piu’ vicine come il breakbeat o l’idm, Non mancano escursioni in territori di confine dove tento di far convergere sperimentazione, free-jazz, post-rock come “Body Eclectic”, uno dei tentativi sonori meno compresi fra quelli che ho realizzato di recente, ma che ritengo piu’ interessanti, dove tento di far coesistere strutture puntillisitiche, modali, tonali, atonali, improvvisazione all’intero di una forma unica.
Dato che il mercato richiede la massima coesione stilistica all’interno di un prodotto sono costretto a raggruppare questi esperimenti in album piu’ omogenei possibile.


D. Come si colloca in questo panorama il tuo ultimo lavoro The Demolished Man?
R. E’ un lavoro in cui coesistono tre differenti direzioni, due che avevo già espresso su “Natural Elements”, quella piu’ vicina al dub elettronico con delle venatura melodiche quasi da soundtrack, e su “Body Eclectic”, quella fondata su un jazzfunk con sfumature sperimentali.
La terza direzione è un omaggio a delle mie tradizioni musicali in particolare al rock psichedelico, in particolare quello dei “Gong” e dei Floyd di “Atom Heart Mother” e in questa ottica ho scritto “Temple of Down”, “Life After Crash “ , “Ligne de Demarcation” e “Eternity Blues”.
Il tutto poi condito da un’esigenza ancora più banale, era da molto tempo che non impiegavo in modo presente la chitarra, e questa è stata occasione anche per lunghi assoli.


D. Qual è in genere l’impiego che fai delle chitarre e in particolare su the “Demolished Man”?
R. Faccio una premessa nei confronti del mio impiego della chitarra, per lunghi anni non ho utilizzato chitarre nei miei dischi, per lo meno ni modo riconoscibile.
Durante gli anni 80 l’impiego da saltimbanchi della tastiera a cui un certo chitarrismo aveva portato questo strumento mi aveva decisamente nauseato. Le esecuzioni di scale minori armoniche a 180 di metronomo mi aveva disaffezionato all’uso della chitarra nelle mie composizioni, la suonavo solo in privato.
Decisamente ho pensato che fossero finite le possibilità creative su questo strumento, essendosi esaurite in un turbinio di tecnica velocistica.
Nelle mie produzioni le ho però sempre usate con l’interfaccia midi per definire parti armoniche complesse o linee melodiche, non essendo cosi abile come tastierista, risparmio molto piu’ tempo suonando una cosa che ho in testa su una tastiera di chitarra piuttosto che scriverla nota per nota con la matitina del mouse. Le ho usate anche analogicamente pesantemente filtrate da decine di marchingegni in mio possesso. Ultimamente ho impiegato direttamente il laptop come unità effettistica ed è stato questo l’impiego che ne ho fatto su “Demolished Man”, il laptop come multieffetto che impiega anche plug in pensati per altri strumenti come effetti per chitarra.

D. a cosa fa riferimento “The Demolished Man”?
R. Fa riferimento a un vecchio romanzo di fantascienza di Alfred Bester, che in Italia è tradotto come “L’Uomo Disintegrato”. La storia di Bester, come per quelle di Dick e altri autori, si colloca fra quei romanzi che, con notevole anticipo, disegnano un futuro nel quale la società, a fronte dello sviluppo tecnologico, è degenerata verso forme autoritarie.
Alcuni di questi autori integravano nelle loro storie le paure di involuzione che la società americana degli anni 50-60 rischiava di percorrere a causa del clima della guerra fredda.
Ma difatto, affrontando in un contesto futuribile queste paure, anticipano metamorfosi che la società occidentale ha intrapreso o rischia di intraprendere nel XXI secolo, non piu’quindi come futuro metaforico della società americana degli anni 50 ma come devoluzione di quella contemporanea.
Questo tipo di letteratura fantasociale ispira molte delle tematiche a cui faccio riferimento, il brano “Penultimate Truth”(La Penultima Verità, 1964) è anch’esso riferito a uno di questi libri scritto da Philip K.Dick nel quale una menzogna basata sulla paura viene usata come metodo di controllo della popolazione.